M.R.Parsi, V.Sgarbi, R.Motta e A.Masi
I LIBRI DEL SEGRETO
DA DUBAI SBARCA A ROMA UNA JAMES JOYCE TUTTA AL FEMMINILE
Ci sono libri che spesso descrivono un’identità e altri che sono “Una provocazione per far riflettere e riportare l’essere umano alle sue origini”. Ed è proprio così che in un fitto dialogo in cui la grande psicologa Maria Rita Parsi ha definito l’artista capace di captare il senso che sta oltre e dentro alle cose, è emerso il senso dell’opera, atta a svegliare l’essere umano alla dimensione spirituale alla scoperta della verità. Nel clima next-age di questo periodo, il poema si inserisce in un’atmosfera di attesa che assume eco apocalittiche con un’espressività che l’autrice definisce di terzo millennio. Un libro che attraverso il segno e il disegno diventa immagine e immaginazione, proiezione e introspezione, un conscio e inconscio di noi stessi e dell’altro, un viaggio oltre le nostre visioni che diventano identità. Il lettore assorbito nella metamorfosi dell’anima rivive attraverso la musicalità delle parole e le immagini rappresentate un percorso in cui poetica e poesia si mescolano e si fondono per definire al meglio tutto ciò che da spiegare all’esistenza. Un libro che diventa mezzo di un’opera d’arte monumentale, il The Box.
Così la prof.ssa MARIA RITA PARSI descrive I Libri del Segreto: “La poesia di Melanie Francesca costituisce una sorpresa, soprattutto ed anzitutto, per la sua sorprendente capacità, melodiosamente ed oniricamente espressa, di costituire scenari emotivi che si radicano in ogni mito ed in ogni tempo. Una James Joyce al femminile da sorseggiare per aprire le porte all’altezza di là del nostro inconscio”.
https://www.melaniefrancesca.com/press-i-libri-del-segreto-2023/
II Prof. Re e Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura VITTORIO SGARBI descrive così il libro “I Libri del Segreto”: «A null’altro di più attinente si potrebbe paragonare questa ambiziosa e gravosa summa in tre parti, Adamo ed Eva, Eden e Apocalisse, se non a un testo a carattere sacrale, accompagnato da illustrazioni in tono (Melanie disegna bene), con cui viene proposta una versione originale del Verbo, la parola rivelata riguardante l’origine e il fine del tutto, introducendo un universo che, per usare le parole dell’autrice, “è governato dalla dualità, e dove Adamo ed Eva rappresentano il cielo e la terra, la coscienza e la mente, lo spirito e l’anima, il conscio e l’inconscio, la testa e il cuore, il giorno che si sussegue alla notte e il vuoto che succede al pieno.” La poesia, deriva da ispirazione proveniente in via diretta da entità divina di cui siamo un momentaneo contenitore, così come fa bene comprendere il termine consequenziale “invasamento”, il farsi vaso. Il Dante della Commedia, “folle” e invasato come pochi altri, parla inequivocabilmente con la lingua dei profeti, solenne come se scritta su pietra, criptica come se si rivolgesse a intelligenze superiori, perché si sente fatto della loro stessa stoffa. Ecco che così si spiega anche il ruolo che assume la “follemente” invasata Melanie Francesca in questa trilogia, da poetessa perché profetessa allo stesso modo di quanto non sia profetessa perché poetessa. Si rivolge a noi, ci assicura Melanie, non con la spocchia altezzosa del predestinato, ma con l’umiltà di chi vuole fare solo da tramite sulla falsariga dell’evam mayā śrutam impiegato dai divulgatori della parola buddista, “così ho sentito per cui così riferisco”. Melanie Francesca, coerente figlia del suo secolo, fa a meno della rima pure quando sembra sfiorarla (n.40: “Lo spazio avanza/con la sua influenza/ nella stanza vasta/del vuoto interiore che s’alza/sotto al lenzuolo delle sensazioni”), ma non alla sonorità accordata del verso, giocando con le caratteristiche foniche in particolare delle consonanti che vengono liberamente associate o disgiunte (la effe iterata e volutamente alliterante nel n.87, per esempio: “È il fulcro/che filtra di profondo/la fodera che felpa le cose/e le ferma in una forma che fermenta”). Ogni poesia che si consideri tale non dovrebbe mai dimenticare i crismi della sua oralità originaria, assegnando alla sonorità dei versi un valore espressivo di imprescindibile importanza. La lingua di Melanie si pone sulla linea di quella dei testi sacri, dei profeti, della Divina Commedia, della grande poesia simbolista che di fatto inaugura la lirica moderna (non era forse Baudelaire, in una famosa lettera a Rimbaud, a ritenere che compito irrinunciabile del poeta fosse quello di farsi voyant, veggente?): non tutto il riferibile è ciò che appare, c’è un dietro da rivelare che può anche essere di ardua comprensione. Se non tutto viene capito, può comunque bastare che venga percepito, l’importante è che il solenne e il criptico lascino a chi ascolta un segno dentro, chiaro e profondo».
Il PROF. STEFANO ZECCHI ne dà una lettura intensa e strutturata, visiva e di talento storico: “Si tratta di un libro originale molto eccentrico e ambizioso, cerca una scrittura che è antica come la tradizione occidentale e non solo, quella dell’aforisma, che attualizza attraverso anche dei calembour linguistici. È un libro molto bello dal punto di vista della fascinazione letteraria e si capisce che Melanie che riesce a gestire molto bene la parola e la struttura linguistica. Libri così si trovano solo andando indietro nel tempo dei grandi filosofi presocratici, dove la comunicazione filosofica avveniva attraverso gli aforismi. Solo per darvi un’idea dell’indiscutibile abilità che c’è nell’utilizzo della parola vi leggo il versetto 122: “Lui le amò l’anima d’isola esile che si legò all’asola d’un ago bucando il lago dell’illimitato”. Ci vuole abilità per dominare le parole in questo modo. Poi il “cosa voglia dire”, come tutti gli aforismi, è aperto a una marea di possibilità che non definiscono mai una sola interpretazione. Ecco perché è un progetto ambizioso: perché per poter raggiungere una sottolineatura di questo tipo quando si scrive bisogna avere molto coraggio. Il libro è costruito su tre strutture che in realtà rimandano a una visione di tipo metafisico cosmologico con al centro le figure bibliche come Adamo ed Eva, il Paradiso terrestre e l’Apocalisse. Il tratto del disegno è bellissimo, di chi ha fatto l’Accademia di Belle Arti e di chi sa dominare attraverso il segno la comunicazione espressiva.»
Il Dott.re CARLO MOTTA Responsabile Editoriale presso CAIRO EDITORE, che ha creduto fortemente in questo progetto editoriale e artistico racconta così l’opera letterario-artistica di Melanie Francesca: “Nella sua cosmogonia apocalittica ci sono animali di ogni tipo, rettili demoni ma anche angeli, strutture e volti umani rugosi al punto da diventare cortecce d’albero. Città distopiche, figure metà uomo meta automa. All’interno del The Box così come nel libro, si ritrovano i riferimenti alla cultura artistica di Melanie formatasi all’Accademia Belle Arti di Venezia ma anche al giudizio universale di Michelangelo, le stanze di Raffaello, certi paesaggi lontani di Leonardo, le città metafisiche di de Chirico, una formazione classica che poi lei interpreta nel modo visionario che avete visto. È una donna eclettica con una personalità articolata e ricchissima che sa raccontare attraverso il suono delle parole ma anche rappresentare nella manifestazione artistica dei disegni”.
Disegni che l’ex ministro della cultura degli Emirati Arabi, Nahyan Mubarack al Nahyan, ora ministro della tolleranza, sotto cui patrocinio è nata l’istallazione artistica THE BOX, definisce con parole che spiegano perché abbia creduto tanto nell’artista: “ll talento di Melanie Francesca consiste nel combinare nelle sue opere, con maestria e abilità tecniche straordinarie, la sua forma di preghiera all’universo e all’onnipotenza della natura, come alla grandiosità dell’essere umano. In un’epoca tecnologica come la nostra, è un messaggio di libertà, di speranza e di indiscutibile modernità.”
Link utili: https://www.melaniefrancesca.com/enter-the-box/#ita
https://www.melaniefrancesca.com/press-i-libri-del-segreto-2023/