Rubriche del 19 luglio 2018 dal magazine CONFIDENZE

Disprezzo quelli che amano e odiano per categorie in base all’ etnia, al rango, all’aspetto… c’è sotto un complesso d’inferiorità, cui si crede di rimediare assumendo un’identità razzista o sessista, che li fa sentire qualcuno: Per schifo che io faccia, un intero popolo, un intero genere è peggiore di me.Ma va tutto bene finché i cattivi sono gli altri, il brutto è quando mi becco sul fatto, e ritrovo in me i pregiudizi di cui accuso il prossimo. Ecco come ho conosciuto la scrittrice Melanie F., che allora si chiamava Melanie Moore. Era il 1999, e si definiva guerrala gratuita aggressione alla ex-Jugoslavia. I paesi più ricchi si erano messi a bombardare quelli più poveri, per il loro bene. Una guerra agli ospedali, ai treni che trasportavano uomini e oche, ai ponti, al Danubio, ai vecchi nei loro giardinetti. Perché Milosevic era cattivo, e noi che eravamo buoni distruggevamo un paese. Si chiamava guerra umanitaria.Io mi vergognavo: prima avevo nome e cognome, ora ero gli Italiani, quelli che si erano uniti al crimine. L’informazione, complice, salvo Santoro e pochi altri. Trovai una straordinaria interlocutrice in una giornalista svizzera , un’intellettuale preparatissima, che conoscevo solo per telefono. Mi diceva cose illuminanti sulla guerra, e mi forniva informazioni. Una grande consolazione. Non sapevo che aspetto avesse, per me era una voce, la voce dell’intelligenza e dell’umanità. Poi finì la guerra e non ci sentimmo più. Un giorno vado in uno studio televisivo. Mi viene incontro tutta festosa una ragazza di una bellezza mozzafiato, fra Jessica Rabbitt e l’idea platonica della coniglietta: alta, bionda, occhi azzurri, tacchi da vertigine e abito da vamp: Sono Melanie! Io che già allora avevo dei vuoti di memoria, resto freddina, e non mi sogno nemmeno di collegare il suo nome a quello della geniale amica telefonica. Di soppiatto mi informo su chi diavolo sia- e capisco! La inseguo, la abbraccio…ma ormai mi ero scoperta in flagrante discriminazione: dunque per me come per i maschilisti di tutto il mondo, un’intellettuale doveva essere magrolina, vestita con discrezione…mai mi aveva sfiorato che quei discorsi ispirati e sapienti fossero pronunciati da una sventola da copertina. Non ho mai avuto il coraggio di confessarglielo, e solo ora le mando questo messaggio nella bottiglia. Da allora non ci siamo lasciate più, anche se Melanie vive a Dubai. Ho conosciuto Omar, il suo marito musulmano, i bambini, la guardo in televisione quando va da Chiambretti, spiazzando tutti con la sua irriverente innocenza, leggo i suoi libri sorprendenti. Ne parlerò un’altra volta, il tema di questo pezzo è il coming-out , che un tempo si chiamava confessione.

19 Luglio 2018 – La donna perfetta – ( Come un concerto sottile) dal magazine CONFIDENZE

(Riassunto della puntata precedente- La scorsa settimana ho raccontato della prima volta che vidi Melanie F., che conoscevo solo al telefono e stimavo molto come intellettuale, e di come vedendola non la riconoscessi, perché il mio occhio maschilista rifiutava che una Barbie così glamour potesse essere così profonda). Da poco è uscito il suo ultimo romanzo, La donna perfetta(Mondadori), il quinto di una saga assolutamente originale, come la sua protagonista: la biondissima scrittrice-show girl che ha sposato uno degli uomini più ricchi di Dubai, e dall’ultimo piano di un lussuoso grattacielo sogna la rivoluzione femminista, e cerca di metterla in atto. Una rivoluzione sconcertante, perché da una parte rivendica libertà di pensiero e azione, dall’altra la tradizione contro gli usi dell’élite: lei vuol fare la madre a tempo pieno. I suoi figli li allatta più a lungo che può, li cura, li culla, li cova, suscitando scandalo fra le donne ingioiellate che lasciano i figli alle baby-sitter dai primi giorni di vita. Intorno una Dubai cubista, fantasmagorica, tragica, disneyana con furore, una farsa inesauribile in cui sfilano le grandi rock-star mondiali che suonano alla corte dei ricchi, Tony Blair e Bill Clinton vengono a cena…L’autrice non risparmia nessuno a partire da sé, si prende in giro, dice e si contraddice, ti fa lo sgambetto e ti fa scoppiare a ridere. A volte ti sorprende col più grigio dolore, altre ti sommerge di tenerezza, e fa uscire da te quel pianto sommesso pieno di struggimento che aspetta d’essere liberato da troppo tempo, come un concerto sottile. Ma chi è l’autrice? Un prisma in moto perpetuo, che ribalta la visuale con trovate vertiginose, di fresca potenza letteraria. La sua gloria è spiazzarti, sempre. E trascinarti come una tromba d’aria, e d’un tratto- il minuetto. E di nuovo la tempesta con personaggi come Oxana, bellissima incontenibile e sfortunata, che nei night butta lo champagne sui muri poi va coi clienti con l’innocenza di una fata. Il dramma si mischia al riso, ma poi è tragedia: la gravidanza difficilissima, l’emorragia che torna ogni mese, il terrore di perdere il figlio, col marito inasprito che le dice ammazzalo, il bimbo, nascerà hanidicappato per colpa tua…Nasce una bimba. E’ di 30 settimane, pesa 1450 grammi, il parto è atroce, un torrente di sangue che segna la macchina, l’asfalto, i corridoi immacolati dell’ospedale. ..Ma la piccola vive, e cresce, stretta al suo seno seno. C’è il tessuto della vita in questo libro, con tutti i suoi strappi. Dalla bellezza della scrittura traspare una sconfinata innocenza. Si soffre tanto in questo libro, è il mio carattere: soffro e sembro felice, perché la felicità ha questo prezzo. Se soffri senza risparmio conosci la felicità, ma devi pagare il prezzo costante del dolore. (Da un’intervista di Melanie F.)

FELTRINELLI ROMA CENTRO, GALLERIA COLONNA.
MAGGIO 2015, PRESENTAZIONE DI ARABIAN BLONDE, OSCAR MONDADORI
PRESENTA BARBARA ALBERTI

È difficile prendere sul serio Melanie Moore: una scrittrice non può essere così bella. Ci sarà sempre un sorrisino di incredulità davanti ai suoi libri, per chi conosca la sua immagine… La sua profondità, la sua preparazione mi entusiasmavano. Intelligente, informatissima… Devo riconoscere una sobrietà lodevole, eleganza, capacità di costruzione, senso della trama e del colpo di scena. Purezza di stile“. BARBARA ALBERTI

MAX, BARBARA ALBERTI: “Piccola dolce Marilyn. Spiazzante, intelligente, sorprendente. E bellissima.

Dixi, Dixi…di questa ragazza ti invaghisci dalle prime righe, per la freschezza della sua follia, mentre corre nel mondo rubando a man salva con Brian lo zingaro, splendido demone e malandrino sfrontato, esposta al suo capriccio e a quello dei suoi loschi amici. Brian l’elegante picaro moderno, l’infedele, lo spergiuro, che tutto pretende e nulla da, che la tradisce con Uma (altra sua vittima dolente), che la prende e la lascia , esigendo che nasconda le lacrime. Dixi oscilla fra lui e Richard, diciamo un po’ meno inquietante di Brian, ma arido anche lui, idolatra di sé e incapace di interessarsi davvero a lei.

Anche Richard non sente mai ii bisogno di provare a conoscerla. Per entrambi Dixi e un involucro seducente, da ostentare col mondo. Nessuno dei due saprebbe vedere in lei la piccola mistica che si perde nelle navate delle chiese medievali, che sente lo spirito, che mira all’invisibile.

Nessuno dei due ha cuore un capello di Dixi, ma la vuole come trofeo e conferma del proprio potere. Anche lo zio Raphael, l’elegante collezionista, l’ambiguo benefattore di questa nipotina bionda, non la vede che come preda e trastullo. O almeno così la vide da piccola,  e ora che è grande, continua a esercitare su di lei  una melliflua autorità che lei accetta, sordamente, come l’eco di un’antica sottomissione. Ma c’è un quarto uomo, in silenzio, nell’ombra, che di lei vede ogni pensiero, e vede la sua grazia, sente i suoi dolori: Alan.  Ma Alan non è un uomo, è un angelo. E non è visibile. È un angelo innamorato, con scarsi poteri.  Può vegliarla, seguirla, sentirla, entrare nei suoi sogni, perfino nei suoi amplessi, desiderare la sua felicità,  ma non può  rivelare la sua presenza. Finché la passione  di Alan diventa così potente da consentirgli (quasi) di manifestarsi a lei.

Ora Dixi sa che qualcuno le sta accanto, che qualcuno la conosce ed è dalla sua parte. Più che vederlo lo intravede, come un riflesso, un’ombra di luce, e per un prodigio che leggendo ti sembra naturale, a comunicare con lui. Chi si è immedesimato in Dixi si rassicura. Eccola finalmente con un compagno degno della sua nobile follia.

Ma i dolori e le colpe sue e altrui che Dixi porta su di sé, sono più forti di ogni possibile redenzione. Il finale e come un colpo di coltello. Eppure chiudi il libro col senso del miracolo. Questa e il romanzo L’angelo, di Melanie F. (Cairo Editore). Stavolta l’autrice mi ha fatto una grande sorpresa. Ero abituata alla sua satira amara, intelligente, esilarante sulla donna bionda che combatte una solitaria e impossibile lotta femminista negli Emirati, in L’Occidentale o La donna perfetta, e mi sono trovata davanti a  una fiaba  mistica  di bellissima scrittura ,  delicata  e  profonda, che lascia un senso di tenera amarezza, come una nostalgia.

BARBARA ALBERTI SU CONFIDENZE 2020