I libri del segreto


I Libri Del Segreto

Casa editrice: Editoriale Giorgio Mondadori RCS
Pagine: 430
Data di uscita: 25 maggio 2023

UNA JAMES JOYCE TUTTA AL FEMMINILE

I LIBRI DEL SEGRETO in uscita su tutte le piattaforme digitali e in libreria giovedì 25 maggio 2023, è stato presentato martedì 23 maggio in un noto ristorante di Milano, Alle Muse, e l’indomani alla libreria Bocca in piazza del Duomo – alla presenza di molti personaggi della Cultura come Vittorio Sgarbi in remoto, Stefano Zecchi, Melania Rizzoli, Luca Arnaù, Carlo Motta, Francesca Gaetani Lovatelli, Valeria Poggi Longostrevi, Claudia Peroni, Fernando Proce, Aristide Malnati, Mogol, Simona Tagli, Ivan Corso, Katia Ricciarelli, Amedeo Goria, Elena Moralis, Patrizia Groppelli e molti altri protagonisti dello spettacolo.

I LIBRI DEL SEGRETO di MELANIE FRANCESCA è una raccolta di versi poetici definiti dalla professoressa Maria Rita Parsi: “Una provocazione per far riflettere e riportare l’essere umano alle sue origini”.
In un fitto dialogo avvenuto all’istituto Dante Alighieri di Roma, in cui la grande psicologa ha definito l’artista capace di captare il senso che sta oltre e dentro alle cose, è emerso il senso dell’opera, atta a svegliare l’essere umano alla dimensione spirituale alla scoperta della verità. Nel clima next-age di questo periodo, il poema si inserisce in un’atmosfera di attesa che assume eco apocalittiche con un’espressività che l’autrice definisce di terzo millennio”.
Così la prof.ssa MARIA RITA PARSI descrive I Libri del Segreto: “La poesia di Melanie Francesca costituisce una sorpresa, soprattutto ed anzitutto, per la sua sorprendente capacità, melodiosamente ed oniricamente espressa, di costituire scenari emotivi che si radicano in ogni mito ed in ogni tempo. Una James Joyce al femminile da sorseggiare per aprire le porte all’altezza di là del nostro inconscio”.

Anche il professor l’ON. VITTORIO SGARBI, sottosegretario alla cultura, dedica a Melanie diverse pagine che ci fanno addentrare profondamente nell’opera attraverso le sue bellissime parole:
«A null’altro di più attinente si potrebbe paragonare questa ambiziosa e gravosa summa in tre parti, Adamo ed Eva, Eden e Apocalisse, se non a un testo a carattere sacrale, accompagnato da illustrazioni in tono (Melanie disegna bene), con cui viene proposta una versione originale del Verbo, la parola rivelata riguardante l’origine e il fine del tutto, introducendo un universo che, per usare le parole dell’autrice, è governato dalla dualità, e dove Adamo ed Eva rappresentano il cielo e la terra, la coscienza e la mente, lo spirito e l’anima, il conscio e l’inconscio, la testa e il cuore, il giorno che si sussegue alla notte e il vuoto che succede al pieno.”
È la Bibbia ad avere inaugurato il linguaggio duplice, letterale e simbolico, per il quale tutto si mostra allo stesso tempo in quanto parvenza e nel significato primo che esiste oltre di essa. Da uomo di cultura sincretica, in un certo senso già umanista ante litteram, il cristiano Dante si fida anche della teoria dell’enzousiasmós così come esaltata dal pagano Platone: ogni nostra estrinsecazione artistica, a partire da quella che veniva tradizionalmente ritenuta la più nobile in assoluto, la poesia, deriva da ispirazione proveniente in via diretta da entità divina di cui siamo un momentaneo contenitore, così come fa bene comprendere il termine consequenziale “invasamento”, il farsi vaso. Il Dante della Commedia, “folle” e invasato come pochi altri, parla inequivocabilmente con la lingua dei profeti, solenne come se scritta su pietra, criptica come se si rivolgesse a intelligenze superiori, perché si sente fatto della loro stessa stoffa.
Ecco che così si spiega anche il ruolo che assume la “follemente” invasata Melanie Francesca in questa trilogia
, da poetessa perché profetessa allo stesso modo di quanto non sia profetessa perché poetessa. Si rivolge a noi, ci assicura Melanie, non con la spocchia altezzosa del predestinato, ma con l’umiltà di chi vuole fare solo da tramite sulla falsariga dell’evam mayā śrutam impiegato dai divulgatori della parola buddista, “così ho sentito per cui così riferisco”. La sua lingua si pone sulla linea di quella dei testi sacri, dei profeti, della Divina Commedia, della grande poesia simbolista che di fatto inaugura la lirica moderna (non era forse Baudelaire, in una famosa lettera a Rimbaud, a ritenere che compito irrinunciabile del poeta fosse quello di farsi voyant, veggente?): non tutto il riferibile è ciò che appare, c’è un dietro da rivelare che può anche essere di ardua comprensione. Se non tutto viene capito, può comunque bastare che venga percepito, l’importante è che il solenne e il criptico lascino a chi ascolta un segno dentro, chiaro e profondo.

Melanie Francesca, coerente figlia del suo secolo, fa a meno della rima pure quando sembra sfiorarla (n.40: “Lo spazio avanza/con la sua influenza/ nella stanza vasta/del vuoto interiore che s’alza/sotto al lenzuolo delle sensazioni”), ma non alla sonorità accordata del verso, giocando con le caratteristiche foniche in particolare delle consonanti che vengono liberamente associate o disgiunte (la effe iterata e volutamente alliterante nel n.87, per esempio: “È il fulcro/che filtra di profondo/la fodera che felpa le cose/e le ferma in una forma che fermenta”). Ogni poesia che si consideri tale non dovrebbe mai dimenticare i crismi della sua oralità originaria, assegnando alla sonorità dei versi un valore espressivo di imprescindibile importanza, in modo tale da distinguerla radicalmente dall’altro registro letterario, quello prosaico. Non bisogna peraltro disdegnare il “vago”, come lo definirebbe Leopardi, anzi, bisogna compiacerlo, perché è nell’indefinito, nell’“interminato”, che risiede la suggestione del segreto, dell’insoluto, del palesarsi a mezza strada fra una cosa e un’altra, che è la suggestione stessa della poesia. Meglio intravedere che vedere, sempre.
Non escludo che la poesia sacra di Melanie Francesca, così intenzionalmente “folle” e invasata, quindi sostanzialmente fuori dal tempo rispetto alla laicità anarcoide e nichilista della nostra epoca, possa indurre i lettori ad atteggiamenti di ostilità preconcetta. Cosa vuole da noi Melanie, si chiederanno? Melanie è un angelo o un demonio? La si vedesse di persona, si smetterebbe in una frazione di secondo di immaginarla un essere luciferino. Però bisogna ammettere, col sorriso in bocca, che se fossimo ancora ai tempi della Santa Inquisizione qualche rischio di finire al rogo come Savonarola o Giordano Bruno lo correrebbe. Siccome in quei tempi non siamo più, fortunatamente, Melanie ha tutto il diritto di proporci la sua cosmogonia in versi più meno con la stessa legittimità riconoscibile a Lucrezio quando ha scritto il De rerum natura, per quanto le visioni complessive dei due distino anni-luce l’una dall’altra. Così come non è necessario dare ragione a tutto ciò che viene ipotizzato da Lucrezio per apprezzarlo comunque, così non abbiamo l’obbligo di farlo con quanto sostiene Melanie, né di seguire nel dettaglio tutti i suoi passaggi concettuali. Vedrete che basterà una sola tessera del vasto mosaico allestito, un guizzo improvviso che emerge dal resto, un lampo nel buio, a farci giustificare la bontà di tutta l’impegnativa operazione così come da Melanie congegnata. A proposito, anche a Lucrezio davano dell’invasato fuori dal mondo, San Gerolamo lo tratta alla stregua di un posseduto dal demonio. Ma è in quell’invasamento panico fattosi correlativo lirico che riscontriamo il maggiore interesse ancora in grado di suscitare presso gli uomini della nostra epoca. E allora viva la divina follia, se è questo che può arrecare.»
VITTORIO SGARBI

Anche per il prof. Stefano Zecchi si tratta di un «libro originale che si trovano solo andando indietro nel tempo dei grandi filosofi presocratici, dove la comunicazione filosofica avveniva attraverso gli aforismi. Solo per darvi un’idea dell’indiscutibile abilità che c’è nell’utilizzo della parola vi leggo il versetto 122: “Lui le amò l’anima d’isola esile che si legò all’asola d’un ago bucando il lago dell’illimitato”. Ci vuole abilità per dominare le parole in questo modo. Poi il cosa voglia dire, come tutti gli aforismi, è aperto a una marea di possibilità che non definiscono mai una sola interpretazione. Ecco perché è un progetto ambizioso: perché per poter raggiungere una sottolineatura di questo tipo quando si scrive bisogna avere molto coraggio. Il libro è costruito su tre strutture che in realtà rimandano a una visione di tipo metafisico cosmologico con al centro le figure bibliche come Adamo ed Eva, il Paradiso terrestre e l’Apocalisse. Il tratto del disegno è bellissimo, di chi ha fatto l’Accademia di Belle Arti e di chi sa dominare attraverso il segno la comunicazione espressiva
Poi: “Perché originale? Perché libri di questo tipo è molto difficile trovarli, e il libro di Melanie è molto eccentrico e ambizioso, cerca una scrittura che è antica come la tradizione occidentale e non solo, quella dell’aforisma, che attualizza attraverso anche dei calambour linguistici. È un libro molto bello dal punto di vista della fascinazione letteraria e si capisce che Melanie che riesce a gestire molto bene la parola e la struttura linguistica.

ll volume infatti è corredato da oltre quaranta disegni dell’autrice, che in alcuni casi riproduce sé stessa, in altri rappresenta soggetti che richiamano i contenuti dei versi. L’editore Carlo Motta, che ha creduto molto in questo progetto, sostiene: «Nella sua cosmogonia apocalittica ci sono animali di ogni tipo, rettili, demoni ma anche angeli, strutture e volti umani rugosi al punto da diventare cortecce d’albero. Città distopiche, figure metà uomo metà automa. Vi si ritrovano i riferimenti alla cultura artistica di Melanie formatasi all’Accademia Belle Arti di Venezia, ma anche al giudizio universale di Michelangelo, le stanze di Raffaello, certi paesaggi lontani di Leonardo, le città metafisiche di De Chirico, una formazione classica che poi lei interpreta nel modo visionario che avete visto. Una personalità articolata e ricchissima che sa raccontare attraverso il suono delle parole, ma anche rappresentare nella manifestazione artistica dei disegni.»

I disegni del libro si rifanno al The Box, un’installazione luminosa nata sotto il Patrocinio del Ministro della Cultura degli Emirati Arabi Uniti, che collega la mitologia classica con la comprensione contemporanea ed è frutto della medesima fantasia delirante, onirica, poetica che la Parsi descrive in Melanie, un’autrice capace di far galoppare la mente che parte a mille, senza frontiere.
«Sentivo molta nostalgia del nostro mondo occidentale, stando tanto negli Emirati arabi dove ho la famiglia” spiega l’artista, “così ho racchiuso in una scatola tutta la nostra storia, con il Laocoonte, la Venere di Samotracia, Michelangelo, il Canova e l’eco dantesca nelle figure inquietanti che assalgono l’Ofelia, un omaggio ai preraffaelliti. Un tempo definiti demoni, oggi sono chiamate ossessioni. Ma da questo inferno ai nostri piedi ci si eleva in alto, verso il Paradiso. È come un romanzo il mio the Box, una mini-Cappella Sistina.»
Melanie è sedotta e ammaliata dalla parola come da una melodia perché, secondo l’autrice, la poesia nasce attraverso il corpo come una danza, ma anche come un dipinto: “Cominciai a stendere su un foglio le parole come se si trattasse di una tavolozza per dipingere”. Un desiderio di liberare la sua, ma anche la nostra mente, per volare in alto verso gli spazi aulici dell’anima.

I libri del segreto

SINOSSI

I tre libri raccolti in questo volume (Adamo ed Eva, Eden e Apocalisse) sono un canto all’unione del principio femminile e maschile che generano il cosmo e si uniscono per scoprire il volto della Verità.
In queste pagine incontriamo un universo governato dalla dualità, dove Adamo ed Eva rappresentano il cielo e la terra, la coscienza e la mente, lo spirito e l’anima, il conscio e l’inconscio, la testa e il cuore, il giorno che si sussegue alla notte e il vuoto che succede al pieno. Adamo ed Eva restano in eterno la madre e il padre di tutto ciò che è. Dietro alla parola che parla e incanta con la sua musica c’è l’importanza del simbolo, visto che la parola è reale in quanto vibrazione energetica. La parola come frequenza che sintonizza ed eleva, simile alla risonanza elettromagnetica o alla ritualità di uno sciamano che usa voce e tamburi per raggiungere uno stato di guarigione.
La parola come preghiera che sana con il suo suono. E quindi che crea, oltre al presente, il nostro futuro. La parola-simbolo quindi seduce, ammalia, conquista.
C’è nell’autrice una venerazione religiosa della parola come verbo biblico origine di tutto. I 555 versi sono collegati l’uno all’altro in un lungo racconto sull’origine dell’universo e quello del pensiero logico che si evolve in genialità attraverso l’incontro di mente e spirito nel bigbang dell’intuizione.
Dal primo libro in cui si narra questo sviluppo secondo le polarità dell’Adamo ed Eva e le valenze del numero, nell’Eden si racconta l’esilio dal Paradiso perduto e la morte originata dalla cacciata a cui tutto consegue: la fatica, l’aridità della terra, il dolore. Mentre in Apocalisse si passa alla storia dell’uomo su questo pianeta e alle vicende di un’anima immortale che vede il suo corpo morire abbracciando l’aldilà in dimensioni come il purgatorio l’inferno e il Paradiso. Una cosmogonia dall’eco biblica e zarathustriana.
Uno strumento di meditazione, questo volume, che apre le porte della comprensione. Per chi vuole scoprire segreti tramandati nei secoli che sono stati a lungo sigillati e nascosti al grande pubblico, ma riposano da sempre nelle parole e nel loro magico suono.

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 BIO

Melanie Francesca, giornalista di costume, scrittrice – ha pubblicato 15 libri che spaziano dal romanzo alla poesia. Personaggio radiofonico e televisivo e artista diplomata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ha esposto a Parigi, Milano, Mosca e sotto il patrocinio del Ministro della cultura degli Emirati Arabi a Dubai e Kuwait. Vive tra Abu-Dhabi e Lugano.