L’Occidentale

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Una satira spietata dell’Occidente. E’Soumission di Houellebecque al femminile in chiave comica, senza nulla togliere alle tragedie del nostro mondo. Con umorismo raffinato e spudorato, irresistibile. Il ritratto della protagonista è una girandola di provocazioni che contraddicono se stesse, ma chi è lei? Da che parte sta l’autrice? Da tutte e da nessuna, è un prisma in moto perpetuo, che sposta in punto di vista con trovate vertiginose.
Come le breaking-news, che spezzano il racconto – spesso introducendo la sua coscienza occidentale, il macho Mister Press, quel divertente noioso Mister Press, il grillo parlante da spiaccicare con una martellata sul muro, di cui è morganaticamente innamorata, il contraltare di Mamohud, che la possiede attraverso gli insulti.
Una satira riuscitissima, ma anche un libro melanconico sull’impossibilità dell’amore.

Barbara Alberti

 

Libro pieno di divertimento, è una storia di capitombolo nell’obbligo delle prospettive. Gli usi & i costumi delle più eccentriche geografie, usurati dai luoghi comuni, vanno in cortocircuito. I pregiudizi vengono ribaltati nella continua sorpresa del ritrovarsi, lettore e protagonista, dentro il romanzo più insolito. Lei ha il mondo, lui la terra (anzi, la sabbia). La somma di due esistenze, un uomo e una donna, è generatrice di variabili più che di un totale. Lei porta in dote la complessità occidentale mentre l’altro, innestato nell’arcano di un’ignota destinazione maomettana, svela una lussuosa clessidra. Ogni granello di vita, scendendo, risale. Ma nell’apnea del tutto, subito. E per sempre. Nella sabbia.

Pietrangelo Buttafuoco

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Scheda

Se il primo figlio di solito complica le cose in una felice storia d’amore, immaginiamo cosa possa succedere se a questo si aggiunge il fatto di trovarsi in un mondo tanto distante dal nostro come quello di Dubai, sposata a un uomo musulmano, per quanto aperto.
In una Dubai cubista, irriverente, fantasmagorica, tragica, disneyana con furore, Anna combatte con se stessa per riuscire ad essere la bellissima moglie da esibire e la madre perfetta, amorevole e presente, senza trasformarsi nella temutissima Miss Manicure, moglie suppellettile che assorta più dal colore dello smalto che dai figli, accompagna ogni marito importante.
Tra scenari da mille e una notte, mondi glamour, personaggi del jet set internazionale, sceicchi e amiche in abbaya, il paradosso di una quotidianità fatta di biberon, notti insonni e lavaggi sbagliati da parte di una carica infinita di maids.
La protagonista è l’incoerenza in persona, una sintesi di tutte le contraddizioni della nostra civiltà: sposata a uno degli uomini più noti di Dubai e socialista immaginaria, coniglietta e filosofa, sottomessa e ribelle, sogna la rivoluzione femminista dall’ultimo piano del grattacielo più esclusivo della città.
Una satira riuscitissima, ma anche un libro melanconico sull’impossibilità dell’amore.
E il grido de L’Occidentale sullo sfondo, quello della bionda cronista che Anna vorrebbe tornare a essere per denunciare il lato oscuro e retrogrado di una società che appartiene ancora al deserto.

When the first child is born, every love story, even the happiest ones, becomes complicated. Then, if added to that is the fact of being in a country so different from one’s own – culture, religion, traditions – like the Arab Emirates, then the situation gets really difficult. This is Anna’s story. She is a Westerner married to an open-minded Muslim and they have a beautiful little boy, Amir. In a Dubai that is cubist, irreverent, phantasmagorical, tragic, wildly Disney-like, Anna battles with herself to succeed in being the beautiful trophy wife and the loving and attentive perfect mother, without becoming a dreadful Miss Manicure, an ornamental wife, focussed more on the colour of her nail polish than her kids: the kind who flanks every important husband. Set in scenes of A Thousand and One Nights, glamorous worlds, international jet setters, kandura clad sheiks and abaya clad women friends. Paradoxically, daily life is made of baby-bottles, sleepless nights and laundries screwed up by an endless parade of maids. The protagonist is incoherence personified, a synthesis of all of our civilization’s contradictions: married to one of the most famous men in Dubai and an imaginary socialist, Playboy bunny and philosopher, subservient and rebellious. From the penthouse in the most exclusive skyscraper in the city, she dreams about a feminist revolution. An entertaining and biting satire with a melancholy undercurrent about the unpredictability of love. And in the background, the cry of the Westerner, the blonde reporter that Anna would like to be again in order to denounce the dark and backward side of a society that despite its incredible development still belongs to the desert.

Arabian Blonde

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Il nuovo romanzo di Melanie Alyssia Moore. Con questo romanzo la Moore regala ai suoi ammiratori una commedia dei tempi moderni brillante ed ironica, ma sempre divertente e piccante. Una voce disincantata ma ancora capace di sognare che ci offre un ritratta dall’interno del lussuoso, scintillante, spietato mondo del miglior jet set internazionale.

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ARABIAN BLONDE
Le intriganti avventure di una Barbie moderna nel mondo intrigante degli sceicchi.
Yacht lunghi decine di metri, hotel a sette stelle, shopping milionario, party esclusivi… In questo scenario da favola si muove Sky, una stupenda ragazza innamorata di un ricco principe arabo. Ma la realtà è ben diversa dalle luccicanti apparenze…

Prezzo: euro 8.40

Uscita: maggio 05
Formato: 12,7×18
Pagine 200
Collana: piccola biblioteca Oscar mondadori.

Acquistabile online ai seguenti links:
IBS.IT
http://www.libreriauniversitaria.it/arabian-blonde-moore-melanie-mondadori/libro/9788804545293
http://www.amazon.it/Arabian-Blonde-Piccola-biblioteca-oscar/dp/8804545291
http://www.ciao.it/Arabian_Blonde_Melanie_A_Moore__1738094

Molti nomi importanti hanno sostenuto il lavoro di Melanie, vedi le presentazioni con Barbara Alberti, Oliviero Toscani e Alfonso Signorini.

Giorni di sabbia

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Melanie Moore tra amore e guerra. Due ragazzi nel conflitto tra israeliani e palestinesi: la loro vita, i loro amori, i loro sogni, le loro avventure. Con un messaggio di pace e fratellanza tra i popoli (…) Melanie Moore, che con questo libro sembra cambiare stile, abbracciando una prosa meno disinvolta ma forse più fresca e matura. OGGI

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Melanie Moore è bellissima, ancor più di quando è fuggita dalla famiglia benestante per amore. Luna di carne, il suo primo romanzo, le ha dato notorietà e stima; in Giorni di sabbia continua la sua autobiografia con avventure durissime, immerse nelle assurdità feroci della guerra, ma anche nelle speranze e nei sogni che finiscono sempre per far trionfare la giovinezza. In un’intervista ha detto, e mi pare abbia ragione: “Se credi a qualcosa la puoi fare. E ce la fai quando non conti più gli errori che hai fatto…” Melanie Moore ce l’ha fatta..NANDA PIVANO

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GIORNI DI SABBIA

Dalla levità vacanziera di una crociera Patricia e James approdano nella terra degli dèi, là dove scorre il sangue di tre religioni, le tre braccia di Dio che si scontrano l’un l’altra.
È in questo clima di precarietà, come se l’aria dovesse stracciarsi da un momento all’altro, che i due vivono la loro avventura. L’esperienza rischiosa di abitare a Betlemme, sul limitare di un campo profughi, “in quel cumulo di casupole malferme che ti sorridono amaramente, come il dolore”, diventa esperienza calata nella quotidianità del rapporto umano: la guerra è meno guerra quando ci sei dentro, ti meravigli di continuare ad andare a fare la spesa e che la vita continui a svolgersi nella rassicurante fisicità dei vicini.
Così, al di là dell’abisso culturale che separa l’oriente dall’occidente, c’è l’incontro tra esseri umani, l’amicizia che nasce dalla solidarietà della nostra comune natura. Patricia e James si incontrano con il vicinato proprio in questi bisogni primordiali che la guerra ha reso più evidenti, là dove basta una risata o una ciotola di riso per sentirti vicino. Così perfino l’estremista Hassan, che crede nelle ragioni del terrorismo (“Hassan, tu collabori con Hammas?” chiede Patricia, “Io collaboro con Dio” risponde Hassan), riesce a stringere un legame d’affetto con i due stranieri. Che, non avendo una terra alle spalle, una famiglia a cui telefonare o riferirsi, dimenticano l’Europa, diventano abitanti di quei luoghi, come se la precarietà di quelle giornate imprimesse d’eternità ogni minuto.
Il tempo, nella guerra, è un’altra cosa, assume la solennità di un misterioso incontro con la vita, proprio perché il sangue scorre nelle mitragliate, negli sguardi spaventati della gente, negli allarmi del coprifuoco. Così questo romanzo parla paradossalmente di pace, la scopre nelle oasi di bellezza delle tombe dei profeti, del muro del pianto, della moschea e del Sepolcro; la insegue nel deserto e questo diventa il clima del mito e della poesia, l’eden ritrovato, la gioia. Per poco, perché non è giusto fuggire ed astrarsi, e la pace non è un concetto o un idillio, ma impegno ed azione.
Giorni di sabbia diventa quindi una testimonianza; l’autrice fa parlare cristiani, arabi ed ebrei… parlano tutti dicendo la propria senza che piova alcun giudizio su di loro; parlano come se l’orecchio dell’autrice registrasse i loro discorsi. anche la protagonista, con la fragilità e l’entusiasmo ( ma anche l’immaturità) della giovinezza, vive e registra emozioni, paure, slanci di coraggio, in una terra dove la temperatura sale o scende a seconda dell’ultimo attentato. Ma se è vero che la coppia James-Patricia è il filo conduttore di un’esperienza che diventa la vera protagonista del libro, anche la giostra di volti e personaggi che gravitano attorno ai due assume un valore emblematico. A cominciare dall’allegra e disinvolta HilLary a bordo della nave, ricca signora che galleggia nella vita come una bolla di champagne, a Klaus, bodybuilder cinico e disilluso, a Clark, affarista brillante, a Matt Trevor, proprietario azzimato di lussuosi hotel… E ancora, una volta scappati alla volta di Gerusalemme, Frer Samuel che, la sua imperturbabile dolcezza, li porterà a Betlemme da amici cristiani ortodossi che, odiati dai musulmani ma amati in quanto arabi, vivono in una posizione ambigua. Essi sono Hassan, estremista che crede nelle ragioni del terrorismo fino a scomparire misteriosamente in un operazione poco chiara (“Abbiamo asce ed esplosivo” ripete orgoglioso), Samar, giovane e vivace neomamma che crede nell’America e la sogna come un paese dei balocchi, tra le vetrine e le luci di una metropoli che non potrà mai vedere (“Ti tirano l’acido in faccia se vai dagli ebrei” ); Keinath, remissiva moglie di Hassan; Faies, simpatico chiacchierone che confeziona souvenir; e gli abitanti di Betlemme, presenze impalpabili, occhi puntati alle spalle come pistole, in quel contrabbando di notizie che diventa una trappola mortale.
E le pietre, queste eterne protagoniste che cadono “come tante lapidi o meteore. Piovevano dalle mani dei ragazzini, dall’innocenza dell’adole-scenza, come se nessuno fosse colpevole…” Queste pietre che sfiorano tempie e gambe, che volano in aria e sulle inferriate delle finestre, sulla testa della sorella di Hassan instupidendola (“Siamo palestinesi cristiani, noi, e alla moschea dicono di farci fuori”); “perché tutti, bene o male, vendicavano Dio o il suo ricordo, ma tutti in modo diverso, a seconda di come lo si aveva ereditato: non dalla religione, dal sangue. Una sorta di Dio sciolto nei cromosomi…
E con la minaccia delle pietre quella di una guerra che respira ovunque, che sembra che t’aspetti dietro l’angolo ad ogni istante, che resta sospesa nell’allarme del coprifuoco, nella sirena dell’esercito, nelle mitragliate che trivellavano l’aria di paura (“allora ti accorgevi che la guerra era come un cane addormentato: speravi di passargli accanto senza che mordesse”).
Ma anche nella guerra la vita continua, Patricia e James dipingono, passano dalla parte ebraica di Gerusalemme, per Ben Yehuda come ad un porto sicuro per la civiltà, e scoprono cos’è la nostra civiltà (semafori, strade ordinate, ritmo veloce e produttivo, così diverso dal tempo di Betlemme che è un’altra cosa (“Era un mondo d’attesa e di niente, un mondo imbambolato”).
Così questo romanzo è pure la storia di un paradosso, quella tra occidente ed oriente, quest’impossibilità di un incontro, l’abisso di secoli che ci separa (“Niente luci, in questa notte medioevale che ci trasformava, noi donne occidentali, in brutte streghe. Quella notte medioevale che ti faceva finire sul rogo”). E nonostante quest’incomunicabilità il tentativo di capire, di incontrarsi e, accanto alla delusione di non poterlo fare (“Le parole non servono a nulla” dice Hassan, “Li metteremo al muro!”), c’è un messaggio di pace. Ma la presenza della morte, in fondo, ci rende tutti uguali, ed è in questi momenti che la narrazione si fa poesia, diventa incontro con il mistero dove il senso del sacro pervade ogni cosa e la trasfigura con un respiro d’eternità (i memoriali, il muro del pianto, il Sepolcro).
Gerusalemme diventa l’ombelico del mondo, “C’era qualcosa nel suo grembo, là dove la collina si apre sotto la Lions Gate… qui sotto Gerusalemme si era rifugiata più volte durante un attacco difficile; era tornata nella pancia che l’aveva partorita, e queste pareti squamate da un paziente lavorio di scalpello, erano come la pelle dell’utero della terra”.
È in questo passaggio dalla realtà fisica a quella del simbolo che risiede la parte finale del libro (“come se d’Israele non fosse rimasta che la parola”), quando i due si isolano nel deserto per ascoltare il suo respiro (“E vedevamo i corvi come guardiani dell’infinito, e nel mare una promessa di pace” ). E poi il ritorno alla civiltà, perché l’astrazione è pericolosa, e lo spirito diventa un rifugio senza la realtà tangibile del corpo (“E l’utero di una madre è come l’utero della terra: le appartieni”).
Così il romanzo si conclude con la solidità della carne umana, con la stessa fisicità dell’inizio, ma ora si tratta di fisiologicità trasfigurata da una promessa di riscatto. E il soggiorno a bordo della nave non fa che mettere in risalto una metamorfosi dell’anima che è dovuta passare attraverso il dolore per capire la vita.


RASSEGNA STAMPA

“Questo bel libro di gusto americano basato com’è sull’azione nei temi e sui dialoghi nello stile, respira aria di giovinezza per le problematiche che vi son svolte e non può non interessare i giovani” NANDA PIVANO.

IL GIORNALE, 2.7-’98: “Pratica, tascabile come un pocket mondadori, Melanie Moore, è una scrittrice tutta da sfogliare. Perché il sospetto è che una natica finalmente pensante possa cambiare la visione del mondo…”

LA STAMPA, 5.7-’98: “… libri scritti a briglia sciolta, con ritmo e immediatezza quasi cinematografica.”

DONNA MODERNA: “Una giovane autrice capace di esprimere sensazioni e aspirazioni dei suoi coetanei…”

GIOIA: “un romanzo fresco, a tratti forte, su amori, speranze, aspettative, tormenti e aspirazioni dei giovani d’oggi…”

IL GAZZETTINO DI VENEZIA: “Una nuova autrice che scrive di getto, con entusiasmo, istintività, carnalità…”

AMICA: “Scritto con slancio, è il ritratto di una generazione che cerca di resistere allo sbando delle ideologie.”

L’ARENA (Verona): “Chissà come sono i quadri di Melanie Moore. A giudicare dal suo scritto devono essere tinte fluorescenti. Blu elettrico, rosso lacca, rosa shoking, forse fibre sintetiche. Il libro infatti è tutto un rapido susseguirsi di toni forti, macchie crude che descrivono una giovinezza in bilico tra solitudine e angoscia. Marcata dalla precarietà. L’iniziazione alla vita di una ragazza, Elizabeth. Che vive il presente come fosse l’unico tempo possibile.(…) Testo essenziale come una scenografia, è reso con tecnica cinematografica. E del documentario conserva la presa diretta. Mezzo che rende al meglio la fragilità e la vulnerabilità dei protagonisti. Ma anche la loro forza di non cedere al compromesso. (…) Un libro che piacerà ai più giovani. E a chi ha uno spirito ribelle.”

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO: “Già transitata sul palcoscenico del Parioli Melanie non disdegna affatto la ribalta, e tuttavia sembra animata da una sincerità di fondo e certamente è sorretta da un’ossessione salvifica per la scrittura…”

NOVELLA 2000: “Il suo segreto? Il talento, certo, ma anche una sensualità che non ha nulla da invidiare a quella dei personaggi dei suoi romanzi.”

STOP: “Melanie ha vissuto un’adolescenza turbolenta che ha voluto riproporre, in chiave autobiografica, nelle pagine dei suoi libri.”

INTIMITÀ: “La vita mi sorprende molto di più di quel che saprei inventare. Non ho avuto la fortuna di scrivere accudita da quattro mura.(…) Liz è una sedicenne che per amore di Roy fugge a Parigi. Liz e Roy conoscono la crudezza della strada ma frequentano anche l’alta società, il mondo della moda, degli artisti. Liz dipinge e scrive, scrive e dipinge, come fa anche Melanie nella realtà. ‘Scrivere è come un virus d’entusiasmo, spiega l’autrice, ti colpisce e, se non lo butti fuori, ti corrode’. E in fondo anche Liz è così, un personaggio eccessivo che si butta senza riflettere, ma che alla fine imparerà a dare equilibrio alla sua esistenza.”

DONNA MODERNA: “Ecco una storia che piacerà a chi ha uno spirito ribelle. È quella di Liz, una sedicenne che scappa di casa per amore. Ma, soprattutto, questo è un libro scritto da una giovane autrice, capace di esprimere sensazioni e aspirazioni dei suoi coetanei. Il romanzo, che sembra autobiografico (e forse lo è ) mescola e intreccia situazioni d’amore, di dura gavetta e di vita quasi ordinaria.”

WEEKEND, SUPPLEMENTO A IL RESTO DEL CARLINO, LA NAZIONE E IL GIORNO: “Ha scritto questo libro a vent’anni e lo ha continuamente rivisto e limato (l’editore le ha fatto buttare 500 pagine) ma lasciando inalterata la caratteristica di fondo: un romanzo in presa diretta, di una ragazza che vive giorno per giorno, alle prese con problemi immediati (un pasto, un letto) e tuttavia partecipa con gioia alle piccole cose che fanno grande il suo mondo: in primo luogo l’amore. Fernanda Pivano ha notato nel libro un Gusto americano e trova che “respira aria di giovinezza per le problematiche che vi son svolte. Forse il dialogo è un po’ concitato, ma i giovani parlano così.”

L’ADIGE: “Ben presentata da Fernanda Pivano, che giustamente evidenzia lo stile rapido e conciso, basato su brevi dialoghi, in genere su frasi brevi, la Moore rende però il suo tempo… così frastagliato anche a livelli di mode e significati, non solo di significati reconditi, nonché la messa in crisi dei valori, di una loro (immaginaria, imposta o anche reale?) gerarchia. Il libro si chiama con apparente ossimoro, Luna di Carne: antiromantico, il personaggio di Liz, giovanissima artista in rotta (mai politica) con i suoi e il mondo di provenienza (…) piange poco, pochissimo, talora sembra farlo più che altro per spleen. Talora c’è la riflessione, sempre legata, poi, al disincanto più totale; più spesso ancora, però, è significativamente l’aspetto visivo ad essere dominate: dopotutto, in quel momento, non ero che un personaggio di carta. Ciò, peraltro, non implica certamente un relativismo totale, sicuramente però, una presa di distanza: la vita cioè, come “gioco” nel senso di Hizinga (homo ludens, questo il titolo del grande storico della cultura olandese) cioè un affare maledettamente serio; inoltre la vita rivissuta o ricreata dalla letteratura. Particolarità stilistiche e linguistiche le riscontrerà il lettore (e ve ne sono parecchie)….”

PRATICA: “Nel primo libro autobiografico di Melanie Moore dominano i dialoghi e c’è poco spazio per le descrizioni, gli aggettivi e i punti di vista personali. Ne conseguono 150 pagine con il piede sull’acceleratore…”

IL MATTINO: “Scrivere è un ponte sull’esterno: volevo comunicare, e l’ho fatto con molto esercizio alle spalle. E poi quest’incisività mi viene dalla vita on the road: se tocchi la crudezza, senza la protezione di genitori o soldi, è inevitabile scrivere in diretta, con questa tecnica cinematografica.”

LA PROVINCIA (Cremona): “L’effetto è quello di un romanzo scritto con uno stile immediato, rubato al cinema, ai ritmi sincopati dei videoclip. Il linguaggio immediato, spesso duro, senza mediazioni, non lascia dubbi sulla difficoltà della vita da bohèmes, ma neppure sulla magia del mondo dell’arte, della moda della capitale francese. (…) La frenesia di esperienze, di vita vissuta, di incontri esaltanti ma anche torbidi si riflette nello stile di Luna di Carne. L’autrice, cronista di se stessa, non indugia, non si abbandona a riflessioni, ma fa parlare ogni cosa, utilizza i dialoghi, serrati, quasi schizofrenici, per descrivere l’ansia dei suoi personaggi che, inevitabilmente, la riflettono. L’impressione è quella di trovarsi non di fronte a un romanzo, ma ad una sceneggiatura cinematografica. Brevi capitoli, battute di dialogo, vivaci nel ritmo dell’intessitura dialogica, fanno di luna di carne un romanzo d’avventura, ambientato nel ritmo accelerato di una metropoli attraversata con precarietà dalla new generation. (…) Al di là di facili sintesi Luna di carne vorrebbe svegliare la generazione X dal suo torpore e almeno nei ritmi narrativi sembra raggiungere lo scopo.”

GAZZETTA DI PARMA: “..un’ingenuità che, a dispetto di un fisico prorompente e una posa da sexy-vamp, è perfettamente visibile negli occhi della Moore, due occhi grandi da cerbiatta, che sembrano ancora immuni, nonostante tutto, dal grande caos – sociale ed umano – che hanno visto e vissuto.”

Adrenalina – Luna di carne 2

adrenalina

Casa editrice: Gremese Editore
Pagine: 165
Prezzo: 13,00 euro
Data di uscita: 2002

Uno yacht, miliardari goliardici, e la fluttuante leggerezza dello champagne sullo sfondo di una storia d’amore e di segreti intrighi di FBI.
ADRENALINA – LUNA DI CARNE II

 

NANDA PIVANO: “Questo bel libro di gusto americano basato com’è sull’azione nei temi e sui dialoghi nello stile, respira aria di giovinezza per le problematiche che vi son svolte e non può non interessare i giovani.”

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LUNA DI CARNE II
Uscito quattro anni fa, Luna di carne ha fatto parlare molto per la sua carica innovativa di contenuti e per l’immediatezza di linguaggio. Scritto quasi come un copione cinematografico, ha suscitato l’attenzione del pubblico e della critica. Ora Melanie Moore ripropone il seguito, con i medesimi personaggi, Liz e Roy, che avevano espresso tutta l’energia rampante di due giovani in fuga in una Parigi di contrasti, tra l’underground degli squat e il glam della moda. Mentre Liz e Roy avvertono che i loro sentimenti stanno andando a pezzi, una lenta ricostruzione di un senso, alla scoperta di se stessi.

LA TRAMA
Una giovane coppia d’artisti in crisi per il passato e un futuro tutto da decidere, incontra George in un night, agente dell’FBI che presenta loro Richard, suo compagno di lavoro, e li invita sul suo yacht alla volta di Cannes. La crociera diventa un modo per raccontarsi, tra le risate di goliardiche battutacce e momenti di malinconia, e per stringere amori ed amicizie: l’altalena emotiva di Liz tra Roy, compagno giovane e ribelle, stile rock, e Richard, arrogante miliardario, diventa un ingarbuglio di sottintesi e guerre sotterranee, mentre a bordo si dipanano i fili invisibili della missione segreta dell’FBI. In realtà Liz insegue, in Richard e nella spumeggiante leggerezza di quelle notti, qualcosa che ha perduto, o forse non ha mai avuto. I ricordi della fuga da casa, della sua solitudine interiore, della mancanza di una terra e di una famiglia, mettono in luce il suo enorme bisogno di ricevere un permesso a vivere che le è stato negato dalla nascita.
Sarà l’avventura tra queste notti fluttuanti come una bolla di champagne a condurla a scoprire che il vuoto non si può continuare a soffocare con la scarica d’adrenalina di una vita all’ultimo respiro. E George, come un fratello, forte dei suoi trent’anni in più e dell’esperienza in Vietnam, dell’esercito americano, sostituirà con l’amicizia quel tocco paterno che Liz cercava nella passione per Richard, che sparirà dal suo cuore per sempre lasciando che Roy la riprenda per mano per continuare un cammino di viaggi e conquiste da percorrere insieme, come due ragazzi che vogliono crescere…

Caccia d’amore

copertina

È difficile prendere sul serio Melanie Moore: una scrittrice non può essere così bella. Ci sarà sempre un sorrisino di incredulità davanti ai suoi libri, per chi conosca la sua immagine… La sua profondità, la sua preparazione mi entusiasmavano. Intelligente, informatissima… Devo riconoscere una sobrietà lodevole, eleganza, capacità di costruzione, senso della trama e del colpo di scena. Purezza di stile.BARBARA ALBERTI

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CACCIA D’AMORE

Scappata dal clima repressivo familiare, Monique segue la sua natura libera e provocatoria. È giovane, bella e intraprendente, al culmine del successo come cantante e sexystar, ma il suo equilibrio viene sconvolto dall’assassinio dei suoi quattro amanti. Un thriller emozionante, con uno stile di scrittura immediato e coinvolgente sullo sfondo di miliardari afflitti dalla noia, amici guru, giochi di conquista e di potere, droga, e il sogno di un amore impossibile. Una riflessione sulla verità e i falsi valori, sulla vacuità del conformismo, sul coraggio di chi sa andare controcorrente abbracciando la libertà.
MELANIE MOORE ha fatto la modella a Parigi prima di dedicarsi più compiutamente alla scrittura. Luna di Carne, come dice Nanda Pivano, le ha dato notorietà e stima; sono seguiti altri tre romanzi che hanno riscosso il consenso di lettori e critica.

PREFAZIONE DI BARBARA ALBERTI

È difficile prendere sul serio Melanie Moore: una scrittrice non può essere così bella. Ci sarà sempre un sorrisino di incredulità davanti ai suoi libri, per chi conosca la sua immagine. Io per prima le ho fatto pagare la sua bellezza.

Marzo 1999, era cominciata la “guerra umanitaria”, ovvero l’aggressione dei Balcani da parte della Nato. I paesi ricchi bombardavano i paesi poveri “per il loro bene”, poi si godevano lo spettacolo in tv e ci facevano anche la farsa della beneficenza. Gli italiani, per lo più, indifferenti. Faranno molto più caso al Grande Fratello.
Novanta giorni di bombardamenti, perché i Serbi avevano un dittatore, Miloševich. Noi che invece siamo democratici abbiamo fatto una guerra alle scuole, ai ponti, agli ospedali, al Danubio, ai vecchi morti coi loro cani nei giardinetti NIŠ. In Italia, censimento dei vivi e dei morti, di chi era pronto ad appoggiare le bombe – il 90% dell’informazione o anche amici insospettabili – rivoluzione dei rapporti personali. Era difficile trovare qualcuno provvisto ancora di coscienza.
Fu allora che cominciò a telefonarmi una ragazza che non conoscevo, si chiamava Melanie. La sua profondità, la sua preparazione, mi entusiasmavano. Intelligente, informatissima, era indignata col massacro e l’ipocrisia. Il suo senso della giustizia mi consolava. Per tutta la durata del conflitto siamo state sempre a telefonarci, a comunicarci notizie.
Poi una sera parecchi mesi dopo, in uno studio televisivo, una vamp col viso da bambina mi abbraccia: Sono Melanie, (Embe’?, penso, Melanie chi?) – lei affettuosa, io freddina.
Ero lontanissima dal riconoscere in quella bambola la mia colta amica telefonica. Poi capii.
La mia immaginazione, che si rivelava prudente e per bene, si era raffigurata una brunetta, magari carina, non certo una piccola Marilyn. Beh, ma da qui a scrivere…
Mi sono dovuta rassegnare anche a questo, la mia invidia di donna ha dovuto tacere davanti alle sue pagine, e riconoscere in “Caccia d’amore” una sobrietà lodevole, eleganza, capacità di costruzione, senso della trama e del colpo di scena. Purezza di stile.
Monique, la protagonista, non è Alice, non è Lolita, non è Lulù, ma un poco di tutte loro e in più proprio Monique – che sia pure sedotta e ingenuamente orgogliosa del fumetto in cui vive – fiabeschi patrimoni, carriere spietate – non vuole niente. Salvo essere, nella sua pienezza, nel suo corpo che non è un corpo come gli altri, abituati a negarsi – un corpo che ha bisogno di corpi per esistere. Monique è protetta da un’aureola, come una piccola dea – il sesso come arte perfetta, e naturale – e tragica – perché anche il suo corpo si innamora. In questo giallo non dell’amore, la caccia è all’amore mai trovato, l’amore è l’istante – il culto gentile e assoluto di Monique per se stessa.
Monique non vuole niente, come un animale, come un fiore – pensante ma nonostante questo vivente, istinto e destino la spingono sempre verso il rischio. Anche se ci sono due Monique, una che vuole darsi a tutti, frutto squisito e lieto che può gustarsi solo facendosi gustare – e un’altra che vuole la fedeltà ad un uomo solo – come i grandi viaggiatori, nostalgia di un punto fisso dove si fermeranno solo a riprendere fiato.
Fin troppo gentiluomini sono quelli che incontra, cavalieri senza macchia e senza mistero, l’unico deprecabile è il padre – e Stan e Brenton che di lui sono un’estensione.
Una mano entusiasta e casta per le scene d’amore. Stranamente impari la profondità e il livello dei personaggi: Bud piatto e incredibile come un cartoon, nella sua perfezione banale di corrotto soddisfatto, che Monique santifica.
Mentre il padre è un personaggio forte – da Disney a Tenessee Williams. Gli altri sono sempre uno solo: Bobby, Farouk, Walker, decenti e dolcissimi, ognuno una parte della protezione di cui Monique ha un estremo bisogno – ingannevole bisogno – il suo tempo musicale è la fuga.
Nonostante la rete psicoanalitica nella quale l’autrice la avviluppa, Monique scappa di mano anche a lei e resta libera – leggera – irritante per noi uomini ragionevoli e seduti.

Barbara Alberti.

Luna di carne

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Casa editrice: Giovanni Tranchida Editore
Pagine: 150
Prezzo: 13,00 euro
Data di uscita: 1997

“Questo bel libro di gusto americano basato com’è sull’azione nei temi e sui dialoghi nello stile, respira aria di giovinezza per le problematiche che vi sono svolte e non può non interessare i giovani…” NANDA PIVANO

…L’amore è passione, carne, completezza. Il suo primo romanzo l’ha voluto intitolare così, Luna di carne, viaggio errabondo di una sedicenne alla ricerca di sé. C’è tutta la sua vita, in queste pagine: l’amore per Roy, l’artista che l’ha stregata e portata via, c’è la Parigi dei pittori, delle gallerie, delle truffe, delle ambiguità (…) E c’è la passione per l’arte, per la pittura, un “trac che ti afferra lo stomaco e ti percorre come l’adrenalina.” Melanie More ride divertita: “Pensavo di essere la luna, spirituale come Venezia e nello stesso tempo cercavo la carne, volevo diventare una donna…” IL GAZZETTINO DI VENEZIA

 

Tra underground e hight society, champagne e stenti, fashionworld e squat, un romanzo sulla vita nel mondo dell’arte.

Un romanzo fresco che sfida la famiglia, l’amore e la vita come una scommessa, con il coraggio e le illusioni di un’adolescente. Un romanzo per capire i giovani, la loro ingenuità e la loro sfrontatezza.

LUNA DI CARNE
Liz, sedicenne, scappa di casa con il suo amore Roy per avventurarsi nel mondo dell’arte e della moda parigino, lasciandosi alle spalle il passato… per anni non tornerà più a casa né sentirà più i suoi che cercavano di separare i due. Il romanzo comincia da una fuga in treno, continua in una praigi tutta contrasto, tra i vernissage, moda e l’underground di una gioventù ribelle e disordinata. Liz e Roy, come i loro amici che fotografano la moda per Cosmopolitan e Max dormono negli studio parigini, un materasso a terra e tanti sogni sulle tele. Perché Liz `artiusta, vuole farcela, e intanto la vita la colpisce, personaggi equivoci si alternano in un fiume di cose che la faranno crescere. Da Alain, fotografo pieno di disincanto e d’arroganza, a Luiz, il famoso amico di Andy Warhol, affettuoso e paterno, a Charlie, il gallerista superbrillante che si rivela truffatore professionista, a Madame Schwarz, affarista spietata e crudele. Attorno a questi ruota una giostra di personaggi divertenti, fragili o arrivisti come Parigi, questa Parigi che torna con una crudezza on the road quando Liz e Roy guardano clochar e puttane senza sentirsene molto lontani, e intanto Liz posa per le foto di alain e passa tra quei mondi scintillanti altalenando tra la favola e la strada… Romanzo d’avventura dunque, nel ritmo accellerato della new-generation. Come sono i giovani e come vivono con un futuro incerto? Accanto alla pulp fiction o ai cannibali c’è questo filone di letteratura filmica, enlla diretta di un mondo duro, ritratto con l’occhi disincantato di chi ha altalenato tra champagne e stenti, poesia e rock…

Questo bel libro di gusto americano basato com’è sull’azione nei temi e sui dialoghi nello stile, respira aria di giovinezza per le problematiche che vi son svolte e non può non interessare i giovani”. NANDA PIVANO.

IL GIORNALE, 2.7-’98: “Pratica, tascabile come un pocket mondadori, Melanie Moore, è una scrittrice tutta da sfogliare. Perché il sospetto è che una natica finalmente pensante possa cambiare la visione del mondo…”

LA STAMPA, 5.7-’98: “… libri scritti a briglia sciolta, con ritmo e immediatezza quasi cinematografica.”

DONNA MODERNA: “Una giovane autrice capace di esprimere sensazioni e aspirazioni dei suoi coetanei…”

GIOIA: “un romanzo fresco, a tratti forte, su amori, speranze, aspettative, tormenti e aspirazioni dei giovani d’oggi…”

IL GAZZETTINO DI VENEZIA: “Una nuova autrice che scrive di getto, con entusiasmo, istintività, carnalità…”

AMICA: “Scritto con slancio, è il ritratto di una generazione che cerca di resistere allo sbando delle ideologie.”

L’ARENA (Verona): “Chissà come sono i quadri di Melanie Moore. A giudicare dal suo scritto devono essere tinte fluorescenti. Blu elettrico, rosso lacca, rosa shoking, forse fibre sintetiche. Il libro infatti è tutto un rapido susseguirsi di toni forti, macchie crude che descrivono una giovinezza in bilico tra solitudine e angoscia. Marcata dalla precarietà. L’iniziazione alla vita di una ragazza, Elizabeth. Che vive il presente come fosse l’unico tempo possibile.(…) Testo essenziale come una scenografia, è reso con tecnica cinematografica. E del documentario conserva la presa diretta. Mezzo che rende al meglio la fragilità e la vulnerabilità dei protagonisti. Ma anche la loro forza di non cedere al compromesso. (…) Un libro che piacerà ai più giovani. E a chi ha uno spirito ribelle.”

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO: “Già transitata sul palcoscenico del Parioli Melanie non disdegna affatto la ribalta, e tuttavia sembra animata da una sincerità di fondo e certamente è sorretta da un’ossessione salvifica per la scrittura…”

NOVELLA 2000: “Il suo segreto? Il talento, certo, ma anche una sensualità che non ha nulla da invidiare a quella dei personaggi dei suoi romanzi.”

STOP: “Melanie ha vissuto un’adolescenza turbolenta che ha voluto riproporre, in chiave autobiografica, nelle pagine dei suoi libri.”

INTIMITÀ: “La vita mi sorprende molto di più di quel che saprei inventare. Non ho avuto la fortuna di scrivere accudita da quattro mura.(…) Liz è una sedicenne che per amore di Roy fugge a Parigi. Liz e Roy conoscono la crudezza della strada ma frequentano anche l’alta società, il mondo della moda, degli artisti. Liz dipinge e scrive, scrive e dipinge, come fa anche Melanie nella realtà. ‘Scrivere è come un virus d’entusiasmo, spiega l’autrice, ti colpisce e, se non lo butti fuori, ti corrode’. E in fondo anche Liz è così, un personaggio eccessivo che si butta senza riflettere, ma che alla fine imparerà a dare equilibrio alla sua esistenza.”

DONNA MODERNA: “Ecco una storia che piacerà a chi ha uno spirito ribelle. È quella di Liz, una sedicenne che scappa di casa per amore. Ma, soprattutto, questo è un libro scritto da una giovane autrice, capace di esprimere sensazioni e aspirazioni dei suoi coetanei. Il romanzo, che sembra autobiografico (e forse lo è ) mescola e intreccia situazioni d’amore, di dura gavetta e di vita quasi ordinaria.”

WEEKEND, SUPPLEMENTO A IL RESTO DEL CARLINO, LA NAZIONE E IL GIORNO: “Ha scritto questo libro a vent’anni e lo ha continuamente rivisto e limato (l’editore le ha fatto buttare 500 pagine) ma lasciando inalterata la caratteristica di fondo: un romanzo in presa diretta, di una ragazza che vive giorno per giorno, alle prese con problemi immediati (un pasto, un letto) e tuttavia partecipa con gioia alle piccole cose che fanno grande il suo mondo: in primo luogo l’amore. Fernanda Pivano ha notato nel libro un Gusto americano e trova che “respira aria di giovinezza per le problematiche che vi son svolte. Forse il dialogo è un po’ concitato, ma i giovani parlano così.”

L’ADIGE: “Ben presentata da Fernanda Pivano, che giustamente evidenzia lo stile rapido e conciso, basato su brevi dialoghi, in genere su frasi brevi, la Moore rende però il suo tempo… così frastagliato anche a livelli di mode e significati, non solo di significati reconditi, nonché la messa in crisi dei valori, di una loro (immaginaria, imposta o anche reale?) gerarchia. Il libro si chiama con apparente ossimoro, Luna di Carne: antiromantico, il personaggio di Liz, giovanissima artista in rotta (mai politica) con i suoi e il mondo di provenienza (…) piange poco, pochissimo, talora sembra farlo più che altro per spleen. Talora c’è la riflessione, sempre legata, poi, al disincanto più totale; più spesso ancora, però, è significativamente l’aspetto visivo ad essere dominate: dopotutto, in quel momento, non ero che un personaggio di carta. Ciò, peraltro, non implica certamente un relativismo totale, sicuramente però, una presa di distanza: la vita cioè, come “gioco” nel senso di Hizinga (homo ludens, questo il titolo del grande storico della cultura olandese) cioè un affare maledettamente serio; inoltre la vita rivissuta o ricreata dalla letteratura. Particolarità stilistiche e linguistiche le riscontrerà il lettore (e ve ne sono parecchie)….”

PRATICA: “Nel primo libro autobiografico di Melanie Moore dominano i dialoghi e c’è poco spazio per le descrizioni, gli aggettivi e i punti di vista personali. Ne conseguono 150 pagine con il piede sull’acceleratore…”

IL MATTINO: “Scrivere è un ponte sull’esterno: volevo comunicare, e l’ho fatto con molto esercizio alle spalle. E poi quest’incisività mi viene dalla vita on the road: se tocchi la crudezza, senza la protezione di genitori o soldi, è inevitabile scrivere in diretta, con questa tecnica cinematografica.”

LA PROVINCIA (Cremona): “L’effetto è quello di un romanzo scritto con uno stile immediato, rubato al cinema, ai ritmi sincopati dei videoclip. Il linguaggio immediato, spesso duro, senza mediazioni, non lascia dubbi sulla difficoltà della vita da bohèmes, ma neppure sulla magia del mondo dell’arte, della moda della capitale francese. (…) La frenesia di esperienze, di vita vissuta, di incontri esaltanti ma anche torbidi si riflette nello stile di Luna di Carne. L’autrice, cronista di se stessa, non indugia, non si abbandona a riflessioni, ma fa parlare ogni cosa, utilizza i dialoghi, serrati, quasi schizofrenici, per descrivere l’ansia dei suoi personaggi che, inevitabilmente, la riflettono. L’impressione è quella di trovarsi non di fronte a un romanzo, ma ad una sceneggiatura cinematografica. Brevi capitoli, battute di dialogo, vivaci nel ritmo dell’intessitura dialogica, fanno di luna di carne un romanzo d’avventura, ambientato nel ritmo accelerato di una metropoli attraversata con precarietà dalla new generation. (…) Al di là di facili sintesi Luna di carne vorrebbe svegliare la generazione X dal suo torpore e almeno nei ritmi narrativi sembra raggiungere lo scopo.”

GAZZETTA DI PARMA: “..un’ingenuità che, a dispetto di un fisico prorompente e una posa da sexy-vamp, è perfettamente visibile negli occhi della Moore, due occhi grandi da cerbiatta, che sembrano ancora immuni, nonostante tutto, dal grande caos – sociale ed umano – che hanno visto e vissuto.”

Visioni

visioni

Leggi in anteprima alcune pagine del libro:

VISIONI
Parte di una trilogia di mille versetti, il poema si inserisce in un’atmosfera d’attesa di terzo millennio. La parola, il suo potere, un canto mistico con echi biblico-danteschi mixati alla musica technotranspsichedelica. Che ritma di modernità queste pagine.

Angeli d’asfalto

angeli dasfalto

“Un romanzo fresco, a tratti forte, su amori, speranze, tormenti e aspirazioni dei giovani d’oggi…” Una modella, una rockstar e l’amore nella corsa al successo… GIOIA.

 

“Il triangolo e gli amici di contorno vivono con il tasso di adrenalina a cento. La notte sostituisce il giorno, e il sesso non ha poca parte. Vissuto gioiosamente, fisicamente, a fior di pelle o subìto, frutto di nemmeno troppi velati ricatti. La Moore lo racconta senza troppi fingimenti, comunicando soprattutto le sue emozioni(…) La protagonista Jessie, combattuta fra un amore sincero e uno coinvolgente ma freddo, troverà la strada maestra. Il che forse somiglia un po’ alla vita della stessa Moore(…) Nel frattempo la bionda Melanie (che un femminile italiano paragona a Marylin) comincia ad essere contesa tra riviste di moda e cineasti.” IL SECOLO XIX, 3 agosto 1997.

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ANGELI D’ASFALTO
Un romanzo giovane e disincantato, ambientato nel pianeta di Parigi, dove i protagonisti sono cresciuti sulla strada, senz’altra morale che non sia la sopravvivenza… Al di là della morale impartita da un’educazione che non hanno ricevuto, c’è l’innocenza del ‘pagano’: questi ragazzi sono puri come angeli caduti sull’asfalto, con quella concezione naturalistica e gioiosa del sesso che risale a una società senza strutture, al nuovo nomadismo metropolitano… Olympia press, fax. 00390332624606

I personaggi di questo libro vivono con il tasso dell’adrenalina a cento, mescolano la notte al giorno, portano la strada in casa. Toccano la vita con un’eterna sensazione di viaggio, senza confini o certezze, sono nomadi dell’anima e della sua insaziabile sete d’avventura. Su questo sfondo dall’orizzonte dilatato si muove Jessie, Lolita seducente e ingenua, in un’altalena intrigante tra l’innamoramento per Robin, leader giovane e rock di una band inglese, e l’attrazione per Jack, produttore arrogante e tenebroso. Jessie, modella che coltiva in segreto la sua passione per lo scrivere, abbandonerà i suoi sogni per aprire gli occhi su un mondo pericoloso, dove l’odio si mescola all’amore in un gioco di vendette. Un intrigo di sesso e sentimenti in un cocktail di azione e battute scarne che alternano il dramma al divertimento. E che condurranno Jessie a capire di non essere la bambola di celluloide che la resa Jack, ma la persona che vuole Robin, con sentimenti e nostalgie represse che riaffioreranno ad un tratto, come spia del suo enorme bisogno d’amore…
ALCUNE PAGINE…

Vampiria

«Elizabeth, Shana, Alicia: già tre volte aveva cambiato nome da quando era nata. Davvero tanti anni fa, nel milleduecentosettantacinque, in Olanda. Bella, selvaggia e pericolosa: inaccessibile a qualsiasi sentimento che non fosse legato al puro riflesso d’istinto. Già, era quello il suo tormento e la sua salvezza: il sesso. Le incombeva addosso come una condanna e l’unica redenzione era la capacità di gettarsi a caccia di una possibile avventura. Immediata, veloce e turbolenta. Come lei. Da secoli, ormai, era questa la sua malattia e la sua linfa vitale…»

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VAMPIRIA
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